Perso nel labirinto del linguaggio
non cerco rappresaglia.
Mettermi a fare a maglia?
tanto non esco, non c’è salvataggio.
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Se quello che si vuole si diventa,
ecco, quell’io bambino mi spaventa.
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In questo spazio di due soli versi,
perdersi e ritrovarsi un po’ diversi.
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Un nonnulla che l’occhio
coglie in un colpo solo.
Per molti, troppo poco;
ma per me già parecchio.
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Fare di professione il sognatore:
dagli incubi sfuggire nelle aurore.
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Almeno un paio di versi ogni giorno,
per levarsi un po’ d’angoscia di torno.
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L’inafferrabile senso dell’essere
gettati qui nel tempo. Poi non essere.
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Qui sul balcone a guardare l’aurora
dita di rosa. Bello.
Ma la sveglia è fra un’ora ...
Straordinario al mattino, Antonello?
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Eccolo qui il presente del passato:
qualcuno si presenta con il conto
di qualcosa che hai detto, di un racconto
abbozzato: l’imperfetto in agguato.
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Perché non riesco a vivere il presente?
Sono sempre già al poi
o ancora dentro al prima, da impaziente.
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Domenica d’autunno,
pomeriggio assonnato,
erba ancora verde
già coperta di foglie:
sogni, illusioni, voglie
e quant’altro si perde
preparano un agguato
crudeli come l’Unno.
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Nel caos delle cose
non esco così a caso?
***
Qui compresso tra due eternità,
in questa poca temporalità,
oppure, che è lo stesso,
tra tutti i prima e i dopo,
scontento dell’adesso.