marco girotto il polo nord... pazzo e folle incastro un salice un amico uno come me

 

 

un salice un amico           homepage


Un salice. Un amico.

 

Sulle rive del Cagnan

fino a poco tempo fa

s’appoggiava beato

un salice

detto

piangente.

 

Non era infinito e misterioso, come il cielo,

non era forte e granitico, come la roccia,

non sussurrava delicatezza e sogni, come l’acqua,                          

ma ogni giorno, ogni ora, ad ogni momento,

lui, ci era accanto,

in quell’angolo pieno di vita,

sempre presente.

 

Eeeh,   Quel Salice Discreto e Sereno,

si posava,

quasi per caso,

tra il cielo e la terra e il vento,

proprio là,

tra il cuore e lo spirito

della gente.

 

Passavano due ragazzi,

e bastava uno sguardo dolce, una carezza,

sotto il suo manto verde-argento                   (e sotto le stelle!)

ecco, nasceva… un bacio

e poi una bambina,

la stessa che ora saltellava attorno a te,

meravigliosa

e sorridente.

 

“Ferma, ferma! Vieni qua che piove.”

“Attenta ai rami!” “Attenta all’acqua!”

e c’era un arcobaleno con un filo di pioggia,

(filtrava tra i tuoi rami il sole ed un tuono)

e un antico richiamo ancestrale, le accompagnava.

 

Lei è bimba e lei è mamma,

stavano là, abbracciate e perse nel vuoto,

in quel magico paradiso di salice.

Tutte e due così belle, semplici…

e contente.

 

Ma, ecco, dopo mezzogiorno,

arrivava una donna color cacao,

mangiando di fretta un panino,

e pensando a figli lontani, troppo lontani, si distraeva.

(Osservava quel tuo amico passerotto, un po’ irriverente, tanto, tanto, saltellante.)

 

Una briciola qua, una briciola là,

un pensiero che se ne va.

Serenamente.

 

Nel tardo pomeriggio, invece passava

un ubriaco

veniva a far la pipì nel Cagnan,

e pure gridando: “tanto qua, le fogne sono tutte a cielo aperto”

ma poi, calmo e quasi ispirato, 

ti dedicava un suo canto lirico

trascendendo la sua vera prigione

“Oh mio salice piangente…”

 

A darti la buonanotte era un’anziana signora,

sempre puntuale.

Ti accarezzava piano le foglie, s’inchinava a raccoglier cartacce,

gettava via i cocci di una minacciosa bottiglia.

E poi si sedeva a parlare da sola.

Sembrava una fata.

Arrivava la nebbia e lei svaniva.

Magicamente.

 

Ma venne, eeeh…venne quel giorno e al tramonto passò

un uomo canuto e silenzioso,

che osservando l’incanto del luogo, all’improvviso… pianse,

e si riempì di malinconia e sospiri,

raccolse quei tuoi semi rimasti a terra,

tra le sue gambe tremanti ed il ceppo,

e annuì: sei stato tagliato.

Assurdamente.

 

Si sa, l’uomo-scimmia ha paura e non capisce,

vede dolore dove c’è piacere,

pericolo dove c’è certezza,

odio dove c’è amore,

nemici dove ci sono amici,

e Quel Salice Discreto e Sereno,

ai suoi occhi, cambia.

E da contento,

muore,

e solo allora diventa piangente.

Hanno tagliato un pezzo del nostro amore.

Rinascerà.

Perchè tutto succede, tutto passa, accanto ai Salici.

 

Ad Andrea Cason. Una persona.

 

Come Quel Salice. Un Amico.

Sempre Presente.

 

 

 

marco girotto | il polo nord... | pazzo e folle incastro | | uno come me