Il campo di concentramento di Dachau è stato il primo istituito «ufficialmente» dal regime nazista, poche settimane dopo la presa del potere in Germania. Il campo, derivato dalla ristrutturazione degli edifici e dei terreni di una fabbrica di munizioni in disuso, era progettato, inizialmente, per 5.000 deportati. Esso fu un "campo modello" nel quale furono sperimentate e messe a punto le più raffinate tecniche di annientamento fisico e psichico degli avversari politici, cioè degli oppositori del regime, ai quali in un primo tempo quel Lager era dedicato come luogo di «rieducazione politica».
I primi ospiti di Dachau furono funzionari e dirigenti del partito comunista. Poi vennero i socialdemocratici ed i cattolici. Ma quando uno dei prigionieri era anche ebreo il trattamento riservatogli era particolarmente avvilente e letale.
Sin dall'inizio esisteva nel campo una «Compagnia di punizione» alloggiata in una baracca separata dalle altre. In seguito le baracche divennero due perché la forza di questa formazione speciale era progressivamente aumentata. In altre
parole erano aumentate le sevizie, era diventato più duro il lavoro, insopportabile il regime di vita. I prigionieri venivano stroncati dalla fatica ma altri subirono l'inumana pena del bunker, dove molti languirono per mesi (se non soccombevano prima) incatenati, alimentati con pane ed acqua o costretti a stare in piedi, dentro cubicoli di cm. 60 x 60, senza luce né aria. Questo il trattamento, questo il sistema per eliminare dalla circolazione chi non era gradito al regime.
Nei primi tempi i prigionieri erano destinati alle opere di completamento delle installazioni del campo, in lavori stradali e di sistemazione del territorio intorno al campo. Poi essi furono distaccati presso varie imprese appaltatrici delle forniture di materiali per impiego bellico, che si erano nel frattempo installate nella zona.
A Dachau i nazisti affidarono la gestione interna del campo agli stessi deportati. Trattandosi di un campo a prevalente presenza di prigionieri politici, fu facile per loro trovare un comune linguaggio - quello dell'antifascismo - fra uomini che, man mano che l'invasione nazista si espandeva a macchia d'olio sull'Europa, venivano rastrellati nei loro paesi ed avviati a Dachau. In breve tempo Dachau fu una vera Babilonia: tedeschi, austriaci, russi, polacchi, francesi, italiani, cecoslovacchi, ungheresi vissero insieme, dividendosi la fatica, le umiliazioni, la violenza degli aguzzini. Un comitato antinazista clandestino consentì la convivenza di tutti, all'insegna della solidarietà.
Dachau ospitò anche numerosi sacerdoti che vennero rinchiusi nei cosiddetti «blocchi dei preti». Ma fu anche sede di infami esperimenti pseudo-scientifici, i soliti esperimenti che avrebbero dovuto far conoscere i modi per salvare la vita ai combattenti del Terzo Reich, ma che costarono la vita a centinaia dei suoi oppositori.
Progettato originariamente ed attrezzato per ospitare al massimo 5.000 detenuti, ad onta di successive estensioni e ramificazioni in innumerevoli sottocampi, il Lager fu sovraffollato al limite tale che tre persone dovevano dormire nello stesso letto, servirsi degli stessi impianti igienici, dividere il poco e pessimo cibo. A Dachau furono registrati a turno circa 200.000 deportati (di cui oltre 10.000 italiani), ma in effetti essi furono molti, molti di più. Il 29 aprile 1945 gli americani che liberarono il campo contarono 31.432 persone, più altre 36.246 presenti nei sottocampi e distaccamenti. Questi erano i superstiti rimasti sul luogo, ma non si conosce il numero di quelli che, poco prima dell'arrivo degli alleati, furono smistati con marce forzate verso Mauthausen e Buchenwald. Non è ancora stato possibile stabilire esattamente il numero dei morti di questo campo cui si attribuisce il triste primato di durata e di insopportabilità del regime di detenzione. L'anagrafe del campo ha registrato circa 45.000 decessi, ma questa è sicuramente una cifra irrisoria di fronte alla tragica realtà di Dachau.
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