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La posizione particolare del Ghetto Modello Theresienstadt nella storia della Shoah deriva dalla sua liberazione, ad opera della Croce Rossa Internazione, con oltre 18000 internati sopravvissuti, oltre a alcune migliaia di reduci dei campi di concentramenti arrivati negli ultimi giorni.

Quando nel 1941 venne decisa la deportazione degli Ebrei apparve chiaro che ogni tedesco avrebbe chiesto per il “suo ebreo” un riguardo particolare, che non sempre si poteva negare. Personalità note all’estero, ufficiali insigniti della Croce di Ferro e cittadini di stati esteri non potevano sparire senza che potessero, almeno per un certo tempo, dare le proprie notizie. Né si poteva far credere alla popolazione che vecchi e bambini andassero al lavoro per colonizzare la Polonia.

Si decise quindi di utilizzare la città-fortezza di Theresienstadt, nella Boemia-Moravia ma vicina al confine dei Sudeti, per la costituzione di un “Ghetto Modello”, utile per distogliere l’attenzione da ciò che ormai avveniva nell’Est.

Dal novembre 1941 iniziarono gli arrivi dei deportati dalla Boemia-Moravia, che credevano di poter almeno rimanere nella loro terra natia, ma dal gennaio 1942 iniziarono a partire trasporti verso Est; nulla si sapeva delle destinazioni effettive come della sorte degli infelici ma si preferiva il male noto

a quello sconosciuto. Dal maggio 1942, la città era stata appena lasciata dai civili “ariani”, si ebbero gli arrivi dalla Germania e da Vienna essenzialmente di anziani. In seguito si ebbero gli arrivi dallaDanimarca, dall’Olanda e dalla Slovacchia.

Theresienstadt, anche se si distingueva sia dai ghetti dell’Est che dai campi di concentramento, era comunque una comunità coatta dove persone di varie provenienze, di vari convincimenti religiosi, di vari orientamenti politici dovevano tentare insieme di sopravvivere. Le inevitabili tensioni erano accuratamente seguite, e sfruttate, dai nazisti.

I tre dirigenti della “Amministrazione Autonoma Ebraica” di Theresienstadt che si erano succeduti erano figure tragiche e poste di fronte a cose più grandi di loro. Edelstein ed Eppstein vennero assassinati; il terzo, Murmelstein, sopravvisse, quasi per caso, per testimoniare.

Molti, specialmente anziani, morivano a Theresienstadt. Molti di più, specialmente uomini in età di lavoro (che per i nazisti significava anche età per combattere!) vennero invece inclusi nelle liste dei trasporti verso destinazioni solo vagamente indicate. Nelle liste dei trasporti per l’Est vennero pure

inclusi tutti coloro che, se prima dovevano poter dare proprie notizie a qualche protettore, avevano perduto la protezione. Nel settembre 1944 vennero inclusi nelle liste anche gli ufficiali decorati e alcuni agenti emeriti del servizio segreto militare: dopo la congiura del 20 luglio 1944 i protettori erano stati arrestati e giustiziati e i loro “protetti” ormai potevano – anzi dovevano – venire inviati verso le destinazioni vagamente indicate. Nelle liste di questa, ultima, ondata di trasporti settembre- ottobre 1944, compilate direttamente dal comando SS, vennero incluse persone che non dovevano più poter dare proprie notizie oppure non erano considerate “lavoratori indispensabili”. Solo per questa ragione in uno dei trasporti vennero inclusi molti musicisti che, in precedenza, erano stati assegnati a lavori facili per salvare le loro mani e permettere di partecipare agli spettacoli.

Malgrado le difficoltà c’era una intensa vita culturale con conferenze anche di alto livello, musica e teatro entro i limiti del possibile. Il comando seguiva solo le conferenze di argomento medico di cui chiedeva i resoconti.

Al momento più triste, dopo l’ultima ondata di trasporti, ebbe inizio la strada per la salvezza: L’ex Presidente Svizzero Musy, su richiesta dei rabbini ortodossi USA, intervenne presso Himmler e la Croce Rossa Internazionale chiese di poter visitare Theresienstadt. Questa visita, poi avvenuta il 6 aprile 1945, era stata resa possibile dai lavori di pulizia e di abbellimento avviati da Murmelstein, malgrado tutto, subito dopo l’ultima ondata di trasporti con il lavoro duro delle poche persone valide, quasi tutte donne, rimaste. Alla fine della visita, i delegati della Croce Rossa Internazionale raccolsero il disperato segnale lanciato da Murmelstein (“la sorte di Theresienstadt mi preoccupa”) e ottennero dal Ministro per il Protettorato, Generale SS Karl Hermann Frank, la possibilità di assumere la protezione del Ghetto. Il 5 maggio 1945 l’ultimo comandante Rahm lasciò il Ghetto, armato e in divisa, con un regolare ordine di marcia. Il Ghetto rimase sotto la tutela del Delegato della Croce Rossa Internazionale, Paul Dunant, fino all’arrivo dell’Armata Rossa il 7 maggio 1945.

 

 

Testo a cura del dr. Wolf Murmelstein

 

 

 

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